3 marzo 2017
Una brutta troia
Carpofora
pensava di essere brutta come il suo nome di battesimo. Si sbagliava.
Lei era brutta, il suo nome no. Al massimo era brutta come il fungo
omonimo. Carpofora era il retaggio lombardo del suo borgo sperduto
nella Val d'Intelvi. Dal santo comasco morto martire, al pittore
ticinese Tencalla, in diversi non si erano vergognati di portarne il
nome. Altri tempi forse, sta di fatto che la nostra Carpofora
soffriva, oltre che per il suo aspetto sgraziato, anche per quelle
nove lettere presenti su qualunque suo documento personale.
Odiava
i suoi occhi sottili. Erano l'esatto opposto ai canoni di bellezza
della sua epoca. Nemmeno il colore verde dell'iride risaltava uno
sguardo perlopiù spento. D'estate copriva tutto con pesanti occhiali
da sole a lenti scure. D'inverno doveva accontentarsi dei suoi
occhiali da vista con montatura spessa e nera. Brutti occhiali
potevano forse nascondere brutti occhi. La sua miopia era forse un
vantaggio in questo. Alta non più di un metro e sessanta, il suo
lineare corpo non poteva eccitare nessuno. Non aveva seno e il sedere
si muoveva tra la folla nel più perfetto anonimato.
Sola
e prossima ai trent'anni, conviveva con una ragazza decisamente più
carina di lei, in un modesto appartamento non molto distante da viale
Brianza. Ornella, questo il nome della sua coinquilina, in tre anni
di convivenza aveva portato in casa, presentandoli a Carpofora,
almeno una decina di boyfriend. Si era trattato quasi sempre di
storie fugaci, anche se un paio di volte le frequentazioni si erano
protratte per un paio di mesi. Non era certo una ragazza da storie
serie Ornella. Chi invece di ragazzi non ne aveva presentato nemmeno
uno era Carpofora. Far entrare un ragazzo in casa, per poterlo
presentare a Ornella, divenne un'ambizione disturbante. In diverse
occasioni si era ritrovata a tarda sera sdraiata sul letto, intenta a
rigirarsi con la testa sotto il cuscino, mentre fantasticava di
possibili spasimanti raccattati chissà dove e condotti nella sua
dimora. Si sentiva più appagata nel momento in cui rimuginava sulla
presentazione da introdurre all'amica, che non quando soffermava i
suoi pensieri al momento in cui si sarebbe ritrovata a giacere con un
uomo nel suo letto. Come ci insegna la musicista, è difficile
riuscire a dormire con il cuore spezzato. Voleva uscire da questa
spirale di autocommiserazione e frustrazione. Se Dio mi ha creata
cessa, pensava, avrà avuto i suoi buoni motivi. Carpofora finiva
spesso per masturbarsi tra le lacrime. Poteva però farla nascere in
un'altra epoca storica. Invece no! Fu concepita in un tiepido inverno
degli anni ottanta del ventesimo secolo.

Qualcuno
che avesse voglia di passare dei momenti di seduzione con Carpofora
c'era? La ragazza continuava a domandarselo, facendosi del male,
essendo di indole psicologica debole e troppo presa nel confrontare
il proprio ego, senza dare troppa attenzione a tutto ciò che le
stava intorno.
Decise
così di mettersi abiti succinti, quantomeno i più provocanti che
aveva, e di restare ferma per qualche ora in una calda serata di fine
agosto sul ciglio della strada di viale Abruzzi. Con tutte le
prostitute che bazzicavano il viale a quelle ore, qualcuno l'avrebbe
senz'altro contattata.
Sistematasi
sul lato interno della strada, fingeva interesse nel suo vecchio
cellulare, mentre teneva la schiena appoggiata al palo di un cartello
stradale. Di tanto in tanto giocherellava con la sua borsetta di
Hello Kitty, giusto per dare l'idea a chi passava di essere in fase
di tedio e di voler vedere qualche auto fermarsi. Vide una berlina
fermarsi cento metri più avanti, dove una sua più esperta “collega”
era in attesa sul ciglio come lei. Dopo una veloce discussione,
probabilmente sul prezzo, la ragazza, una slava di qualche anno più
giovane di Carpofora, salì sull'auto. Chi guidava la berlina non
poteva essersi non accorto di Carpofora. Eppure aveva proseguito
dritto, fermandosi solo cento metri più avanti da un'altra.
Era
trascorsa circa mezz'ora quando passò un curioso tizio in bici.
Quarantenne con una barba brizzolata decisamente non curata,
indossava una camicia hawaiana e un cappello contadino di paglia. La
guardò con leggera incredulità, come a pensare: ma questa racchia è
una mignotta? Rallentò, frenò e poggiato il piede destro sul
marciapiede si girò guardando la ragazza. «Scusa la domanda, ma
quanto chiedi?» «No, guarda che sto aspettando un'amica» «Fai
attenzione a farlo su questo viale. Ti potrebbero scambiare per una
puttana». Probabilmente usò il termine “puttana” per
compassione. Fu una sorta di complimento, per quanto falso. A
Carpofora tutto sommato fece piacere.
Passò
più di un'ora prima che un'auto si fermasse. Un uomo al volante di
un'utilitaria accostò davanti a lei. Dal finestrino abbassato
Carpoforà fissò un sessantenne dalle guance rossastre e un riporto
di capelli bianchi ben curato. La domanda fu la più scontata e la
ragazza improvvisò una cifra. Cinquanta euro. Forse l'ometto si
aspettava qualcosa di meno, difatti fece ripartire il mezzo e
proseguì. Carpofora pensò di abbassare il suo prezzario.
A
un magrebino in motorino propose trenta euro. Doveva andargli bene,
poiché le disse di salire sul suo ciclomotore. Carpofora accettò.
Non pensò molto alle conseguenze della sua scelta. Ormai era in
gioco e tanto valeva giocare. Sicuramente non avrebbe presentato
questo ragazzo a Ornella. Dimostrava qualche anno sopra i trenta e
nonostante le pesanti spruzzate di profumo, aveva addosso un sentore
di cibo fritto. Teneva i capelli impiastrati di gel e stirati
all'indietro, portava una maglietta non ufficiale dell'Inter e un
paio di bermuda colorati. Secondo Carpofora questo abbigliamento non
si addiceva a un maniaco, quindi non si preoccupò più di tanto
della sua scelta. Decise comunque di chiedere al suo “cliente”
dove la stesse portando. «Dietro Porta Vittoria. Lì è un posto
sicuro. Mi chiamo Ahmed e vengo dall'Egitto». Carpofora si presentò.
Dopo pochi minuti arrivarono a destinazione. Ahmed parcheggiò il suo
motorino, preoccupandosi di bloccare con un catenaccio la ruota
posteriore. Questo attaccamento al suo mezzo di trasportò sollevò
ancora maggiormente Carpofora. Non era di certo attratta da quello
straniero, ma le faceva troppo piacere vedere che qualcuno era
addirittura disposto a spendere dei soldi per fare del sesso con lei,
che recitò la sua parte fino in fondo. Ahmed le diede i trenta euro
e la ragazza li mise subito nella borsetta. Camminarono fino al
terreno incolto che copriva la stazione sotterranea del passante
ferroviario. Carpofora estrasse dalla borsa un preservativo: alla
fine sapeva che se si fosse presentata la situazione, avrebbe ceduto.
Si limitò a un'orale e a uno smorzacandela. Il ragazzo ci mise poco
a raggiungere l'orgasmo. Si stava rivestendo, quando le chiese:
«Ridammi i soldi, non mi hai dato il culo». Un forte brivido
percorse la schiena della ragazza. «Ma tesoro, ho fatto tutto quello
che volevi.» «Ti avevo detto anche nel culo, ma non me l'hai dato.
Ora rivoglio i soldi.» Il ragazzo le diede uno spintone che la fece
cadere. Afferrò la borsa e sfilò i soldi che pochi minuti prima le
aveva dato. Non si fermò a quelli. Aprì anche il portafogli.
Carpofora cercò di rialzarsi per bloccarlo, ma si beccò solo un
pugno e ricadde a terra. «Chiamo il mio protettore – vaneggiò tra
le lacrime – ti ammazza.» «Zitta puttana» e le tirò un calcio
nel ventre, mentre lei era ancora a terra. Per sua sfortuna il
ragazzo trovò solo altre quindici euro. Se le mise in tasca, poi
sollevò la testa di Carpofora tirandola per i capelli. «So dove
lavori, se lo dici a qualcuno ti ammazzo.» Le diede uno schiaffone e
la fece ruzzolare nell'erba. Mentre se ne tornava al motorino le
urlò: «Fai schifo, sei brutta e scopi di merda. Puttana».
Carpofora
rimase a terra tra le lacrime per qualche minuto. Ebbe dei conati di
vomito ma non rigettò nulla. Si rialzò e cercò di tornare a casa a
piedi. Non avrebbe detto nulla a nessuno. Sicuramente nome e nazione
d'origine erano false. La targa del motorino non la ricordava e
nemmeno il modello. Dopo qualche metro di strada vomitò. Mentre
cercava di ripulirsi la bocca con il suo fazzoletto cercava di farsi
forza. In fin dei conti qualcuno l'aveva desiderata e posseduta.
2 dicembre 2016
Le colorate "Foschie" di Sara Pellucchi
Quando la pittura diventa
narrativa, o viceversa. Sono queste le prime impressioni che si hanno leggendo
"Foschie", il primo romanzo di Sara "Shifter" Pellucchi,
pittrice di Seregno (MB) che ha voluto cimentarsi con la scrittura. Il libro,
edito da Gilgamesh, si legge tutto d'un fiato. Sono meno di 100 pagine in cui viene ben delineato il mondo artistico dell'autrice.
L'inizio è nero, colore
amatissimo dalla pittrice. Nelle tenebre spunta un personaggio di nome
Montserrat, omino grigio e stilizzato contraddistinto da un cappello a cilindro
azzurro. Montserrat vive esperienze imparando a "toccare" colori e oggetti,
che portano luce nel nero che avvolge la storia.
Sono esperienze oniriche
dell'autrice, vissute con le titubanze e le inesperienze di un protagonista che
impara, e al tempo stesso insegna al lettore, l'approcciarsi al mondo dei
colori e delle cose animate.
Nella seconda parte del romanzo
la palla (elemento con cui gioca Montserrat) passa alla pittrice, ovvio alter
ego della stessa Sara. L'artista ottiene una sorta di ispirazione dal curioso
personaggio. Si tratta di un passaggio di testimone da personaggio ad autore e
i le esperienze vissute dal primo diventano un vero e proprio deus ex machina
per il lavoro del secondo. La pittrice riesce a portare a termine le sue opere
grazie al prezioso contributo di Montserrat, soggetto che riesce a trasmettere
empatia e simpatia al tempo stesso. Sara Pellucchi, durante la prima presentazione all'Area Libri di Seregno ha detto di sentirsi più un nero attorniato dalla luce dei colori che un grigio, come Montserrat, immerso nel nero. Citando Platone, solo conoscendo la luce e quindi i colori, si comprende meglio il nero. Nel caso di Sara il nero lo si ama e grazie al suo libro lo fa apprezzare a tutti noi. Dopo aver letto il suo libro, forse vedrete il nero con occhi diversi.
"Foschie" è un romanzo adatto a tutti e piacerà anche a coloro che hanno un atteggiamento misoneista verso chi mette
il proprio io al centro della storia. Il connubio tra pittura e narrativa
funziona. Ci si emoziona nel vivere i sogni di Sara e Montserrat è un ottimo
Caronte, che ci traghetta nel nero e ci fa tastare con mano le sue foschie colorate. Leonardo Marzorati

26 gennaio 2016
Cirrinà e bimbi
Videoeditoriale talkactiviano sul DDL Cirinnà https://www.youtube.com/watch?v=4jM6-G5mFEU
| inviato da ilMaLe il 26/1/2016 alle 23:59 | |
23 agosto 2014
Altro che Steve Jobs
Il genio disse: "siate affamati, siate folli"; io invece consiglio: "siate curiosi, siate credibili".
Dovete essere affamati sì, ma di conoscenza. La curiosità e il continuo porsi domande spinsero Socrate, Colombo, Da Vinci, Galilei, Volta e lo stesso Jobs a dar vita a progetti che hanno condizionato in meglio lo sviluppo dell'umanità. Gli interrogativi partono da quell'uomo (o forse quella donna) che capì come da un seme si può ricavare la pianta e arrivano fino a noi. Siate curiosi.
Siate credibili. Dovete vendere i vostri interrogativi ad esterni che non hanno la vostra voglia di ricerca e la vostra curiosità. Cercate, con uno sforzo empatico, di mettervi nei panni di chi avete di fronte. Siate credibili, per dar maggior peso alle vostre preziose ipotesi.
Leonardo Marzorati
| inviato da ilMaLe il 23/8/2014 alle 8:48 | |
9 novembre 2013
Biografia
Leonardo Marzorati nasce nel cuore della Brianza nel 1982. Vive quasi tutta la sua vita a Capriano di Briosco, un piccolo paesino collinare. Dopo una torbida adolescenza, in cui non verrà a capo di nulla, cazzeggiando tra il Liceo Scientifico Enrico Fermi ed il suo paesino, decide di conoscere meglio il pianeta in cui vive. Dopo il diploma si iscrive a Scienze Politiche alla Statale di Milano dove ottiene una laurea triennale nel 2004 e una laurea specialistica in Storia del mondo contemporaneo nel 2006. Dopo essere stato operaio, cameriere, addetto alla rassegna stampa, agente assicurativo, bigliettaio e maschera in un cinema multisala, impiegato alla dichiarazione dei redditi presso un Caaf, cassiere di banca, ora lavora di notte in un'agenzia di stampa a Milano. Collabora ancora a tempo perso a giornali locali come free lance. E' un assiduo divoratore di fumetti e romanzi horror o fantascientifici. Ama il cinema d'essai e le donne provocanti che hanno contribuito a rendere magica la settima arte. Dopo un passato politico turbolento, in cui è stato sia fascista che comunista, ora si definisce liberale per una giustizia sociale. Detesta gli intolleranti, i razzismi di ogni tipo, i buonisti di sinistra, le veterofemministe, gli integralisti religiosi e i modesti. Ama lo stile giornalistico di Indro Montanelli, Oriana Fallaci, Luca Telese e Massimo Fini. E' iscritto all'AVIS. Si ritiene un artista stravagante, amante di se stesso e della cultura. Come disse Baudelaire: "solo la cultura alla fine salverà l'uomo". Crede nella cultura, nell'arte e nella civiltà democratica. Leonardo ha problemi un po' con tutti, ma soprattutto con le donne. Le poche ragazze che ha conosciuto si sono comportate molto male nei suoi confronti. Una di queste sgualdrine gli disse: "Sei un maschilista frustrato perchè le tipe non te la danno". Ciononostante non ha perso la fiducia e spera di poter trovare una ragazza seria che lo sappia valorizzare. Sostiene il sesso libero e le coppie aperte. Poche volte ha pianto: per la scomparsa di una persona cara, per una sconfitta personale, dopo aver letto dei Dylan Dog particolarmente commoventi o il romanzo "Un uomo" di Oriana Fallaci. Da precario cerca nuove occupazioni, più possibilmente stabili e scrive racconti. Nel 2011 si trasferisce a Milano, innamorandosi della più progressista metropoli dell'Europa Meridionale. Nel 2013 pubblica per Gilgamesh Edizioni il suo primo libro Frustrati - Uomini e donne che non hanno conosciuto l'amore.
| inviato da ilMaLe il 9/11/2013 alle 12:43 | |
1 aprile 2013
Dialogo segreto tra i capigruppo a 5 Stelle
Vito: Cittadina Lombardi, vuoi un caffè? Io lo prendo.
Roberta: Cittadino Crimi, non ti sembra un po’ presto per
fare dichiarazioni?
Vito: Dici che dovremmo consultare Casaleggio e Grillo?
Roberta: Noi non siamo servi di Casaleggio e Grillo, è la
rete che al massimo decide in piena autonomia. Me lo hanno detto proprio
Casaleggio e Grillo.
Vito: Beh, in fin dei conti ho solo detto un caffè. Non ho
ancora lasciato dichiarazioni in proposito al tipo di bevanda. Potrebbe essere
lungo, corto, con o senza zucchero. Magari poi alla macchinetta seleziono il
mocaccino.
Roberta: Così saremmo accusati di essere vaghi. Noi siamo
cittadini selezionati dalla gente comune. La tua scelta alla macchinetta del
caffè potrebbe scavalcare la volontà del popolo italiano. Saresti uguale ai
politici della casta, che decidono senza mettere in rete le loro scelte.
Vito: Metto in rete le diverse opzioni: sarà il popolo a
decidere che caffè potrò prendere. Io eseguo solo le volontà del popolo. E
oltre ai tipi di caffè farò un referendum anche su quante palline di zucchero
mettere.
Roberta: Bene cittadino Crimi.
Vito: Chiedo anche alla rete se posso offrirtene uno,
cittadina Lombardi.
Roberta: Cosa? Se devo bere un caffè devo usufruire delle
mie risorse economiche senza aiuti da nessun altro. Non siamo privilegiati!
Siamo cittadini comuni. Offrendomi un caffè finiresti in un spirale di
corruzione tipica dei partiti comuni. Si inizia con un caffè e si arriva agli
appalti per un inceneritore. Vuoi fare come i politici ladri del PD? Vuoi disobbedire
al Movimento e quindi ai cittadini italiani?
Vito: Stavo giusto per chiedere alla rete se l’offerta di un
caffè può essere considerata contributo alle relazioni sociali o un volgare
gesto di corruzione simbolo della vecchia politica. Si potrebbe fare un
distinguo tra i caffè offerti al bar e quelli della macchinetta.
Roberta: Scusami un secondo ma devo controllare se ci sono
novità in rete e mandare una mail.
La mail di Roberta:
“Supremo Gianroberto, sono la tua umile cittadina Lombardi.
Penso che il “cittadino” Crimi si sia venduto al PD. Il ruolo di capogruppo al
senato deve avergli montato la testa. Sembra voglia scavalcare le decisioni
della rete e vorrebbe agire in totale autonomia su scelte fondamentali per
l’economia, specialmente sulle importazioni di caffè da paesi illiberali nei
confronti della rete come Venezuela e Vietnam. Mostra debolezze di fronte alle
possibili offerte che i senatori del PD gli faranno. Penso abbia tradito i
cittadini italiani e l’unico Movimento che li rappresenta. Propongo la sua
rimozione dal Movimento, ovviamente dopo una votazione democratica di tutti i
cittadini italiani che la pensano come me e soprattutto come Te. In caso di
nuovi sospetti ti aggiorno. Ecco una nuova prova: ha preso il latte macchiato!”
Vito: Buono questo latte macchiato. Forse troppo buono.
Penso che la macchinetta di Palazzo Madama sia un modello migliore rispetto a
quelli che si trovano negli altri edifici pubblici. Questo è uno spreco
vergognoso, un’usurpazione contro i cittadini comuni, costretti tutti i giorni
a bere caffè meno buoni per colpa di una classe politica viziata.
Roberta: A me non hai preso niente? Te l’avrei pagato fino
all’ultimo centesimo.
Vito: La rete si era espressa sulla questione? Non vorrai
scavalcare la volontà del popolo. Ora però devo controllare sul mio tablet se
ci sono nuove disposizioni.
La mail di Vito:
“Divino Gianroberto, sono il cittadino punto e basta Crimi.
Credo che l’eletta Lombardi sia una spia degli altri partiti. Probabilmente è
una troll infiltrata nel Movimento per sovvertire la democrazia e distruggere
l’unica forza che rappresenta in Italia la gente comune. La Lombardi fa troppe
domande sulle iniziative della rete, che democraticamente dice a noi eletti che
decisioni prendere. Mostra dubbi e mi guarda in modo sospetto. Recita la parte
della dura e pura per nascondere il suo vero obiettivo. Oggi si rifiuta di bere
un caffè con me, domani lo berrà con Bersani, con Monti o con Berlusconi.
All’incontro con Bersani si è sgolata la bottiglietta d’acqua che era sul
tavolo; ha amici che hanno studiato in Bocconi; e soprattutto, mi ha confidato
che da ragazzina guardava TeleMike su Canale 5! È chiaramente prezzolata da PD,
Scelta Civica e PDL. La rete deve votare la sua immediata rimozione dal
Movimento, eseguendo al 100% il volere della tua geniale guida. In totale
modestia collegiale, il cittadino Crimi Ti saluta”.
Roberta: La rete ha optato per un caffè corto senza
zucchero. Meno sprechi rispetto a un latte macchiato. Sicuro di non aver
disobbedito alla rete, cittadino Crimi?
Vito: I cittadini hanno voluto premiare il lavoro dei
produttori di latte del Veneto. Noi del Movimento dobbiamo essere dalla parte
del popolo, dico bene cittadina e amica Lombardi?
Roberta: Dici benissimo cittadino Crimi.
Continua…
Indiscrezioni da
palazzo trascritte da Leonardo Marzorati
| inviato da ilMaLe il 1/4/2013 alle 14:55 | |
29 agosto 2012
Talkactive, il nuovo giornale online
Buon giorno a tutti. I miei nuovi editoriali li trovate sulla testata online www.talkactive.it Lì potrete leggere e commentare pezzi di attualità, politica, costume e cultura. Talkactive è un nuovo sito di informazione libera, dove differenti opinioni si confrontano in una piazza 2.0. Leonardo Marzorati
| inviato da ilMaLe il 29/8/2012 alle 20:11 | |
2 giugno 2012
Incanalare l'edilizia
Costruire sì, ma con criterio I tragici eventi che hanno sconvolto l'Emilia hanno bisogno di colpevoli. La
maggioranza delle vittime dei terremoti sono operai deceduti sul posto di
lavoro. Quest'ultimo è un evento che si ripete ogni giorno. In un anno in Italia
sono circa 1000 le morti bianche. Il terremoto ha solo alzato la soglia. Operai
e tecnici schiacciati da travi di capannoni o fabbricati abbattutisi su se
stessi per due scosse di scala 5,8 e 6 di magnitudo. L'ultima classificazione
sismica dell'Italia risale al 2006. I sismologi inserirono tutti i comuni
interessati dal sisma dei giorni appena scorsi in zona 3 (sismicità bassa). Chi
ha costruito stabilimenti e capannoni nella Bassa Padana tra Modena e Ferrara il
più delle volte lo ha fatto senza inserire le adeguate strutture antisismiche.
Chi lo ha fatto tenendo conto di una mappa che escludeva quasi del tutto la
possibilità di forti scosse sul territorio, chi lo ha fatto giusto per
risparmiare. Questa è l'Italia. L'Italia è piena di
distretti economici capaci di dare un pesante contributo al PIL nazionale. La
Brianza, la Marca Trevigiana e giustappunto, la Bassa Modenese. In queste aree,
dal boom economico a oggi il territorio è stato sventrato, trasformandosi da
zona agricola a un susseguirsi di officine, villette, palazzine e strade. È
stato un sacrificio necessario allo sviluppo del Paese. Ogni anno si è visto
aumentare la percentuale di cemento seguendo il triangolo case, fabbriche,
strade. Negli ultimi anni il lavoro è calato, alcune fabbriche hanno chiuso, ma
sono aumentate le case. Sempre più gente sceglie la tranquilla provincia, dove i
costi degli immobili sono più bassi e dove non c'è il caos, lo smog e la
percentuale di stranieri delle città. Si è andati così trasformando buona parte
della Pianura Padana e delle Prealpi in una megalopoli confusa e disordinata. Il
tutto grazie al benestare delle amministrazioni locali, troppo spesso in affari
con gruppi edili in odore di criminalità organizzata. Fermare la
cementificazione selvaggia si può. Lo si deve fare se si vuole salvaguardare il
Nord Italia. La lobby dell'edilizia, che porta comunque lavoro a tante famiglie,
può essere incanalata nella ricostruzione di stabilimenti, capannoni e
abitazioni. Seguendo le corrette valutazioni dei sismografi e non giocando al
risparmio tipico di certa Italietta, si può preservare un settore industriale
che raramente ha conosciuto crisi nella storia del nostro Paese. Questa
riqualificazione andrebbe proposta anche per tutta la fascia appenninica, anche
in quel Mezzogiorno che ha bisogno di lavoro come di misure contro i prossimi
terremoti. Non voglio passare per uccello del malaugurio, ma la classificazione
del 2006 inserì parecchie zone del centro-sud (dall'Umbria al Catanese, passando
per il Pollino) nella zona 1 (sismicità alta). Le amministrazioni e
l'imprenditoria italiana dovrebbero lavorare guardando al lungo periodo e non al
breve come troppo spesso hanno fatto. Per poi piangersi addosso al momento della
sciagura. Leonardo Marzorati
| inviato da ilMaLe il 2/6/2012 alle 14:23 | |
6 febbraio 2012
CAPITOLO XXXIV
Siamo democratici
Incontro tra il ministro degli interni Ruggero Riva e il
commissario alla sicurezza Federica Calvani. 21 dicembre 2040. R: - Sai Calvani, ho parlato con questore e alcuni gruppi
delle Divise Verdi. C’è la possibilità di incriminare un po’ di gente e
mandarla in Valfurva. Anche loro nel Ca.Mi.No. Pusher, comunisti, ex magistrati
che ci hanno messo i bastoni fra le ruote. Li spediamo tutti là. Marzorati
secondo te può essere dalla nostra?
C: - Dalla nostra: ma quanti siete?
R: - Tanti. Sezioni locali, esponenti della destra del
Fronte. Ma anche a sinistra avrei consensi. Zanardi, Sacco, Pietrosanti. Loro
dovrebbero starci tutti. Dobbiamo chiudere subito baracca con certa gente. Si
fa una legge speciale o anche no. I rom al massimo li facciamo sparire. Non se
ne accorgerebbe nessuno. Certo, dobbiamo coprire alla Chiesa, ma ci può stare.
Io e il generale Anselmi.
C: - Guarda che siamo una democrazia europea. Ti metti
d’accordo con un generale scavalcando il governo? Sei appena stato nominato
ministro e già parti per la tangente.
R: - Il colpo di mano ormai serve. Siamo uno Stato
indipendente. Facciamo come cazzo ci pare. Ci hanno votato proprio perché non
ne potevano più di certa burocrazia. L’Italia era così. Ora ci siamo levati
quella palla al piede. Cazzo, agiamo di nostro. Certo, il pres va sentito. È
lui il capo: su questo tutti d’accordo. Farebbe comodo anche a lui. Prove
certe, magistrati seri dalla nostra e polizia che ce li leva di mezzo. Non
servirebbe nemmeno il supporto delle Divise Verdi. Ovviamente anche loro
saranno dei nostri, però faccio notare che non saranno così essenziali come
vorrebbero.
C: - Sei sicuro di avere tutti questi apporti? Se sei
sicuro, va bene. Altrimenti valuterei. Anche su come trattare con le Divise
Verdi.
R: - Quelli sbraitano a livello politico. Fanno bene il
loro, per carità. Ma se si parla di azione giudiziaria, qui serve il pugno
della polizia e del nostro ministero. Marzorati starà dalla nostra, non dalla
loro. Farà buon viso a cattivo gioco, ma alla fine darà ragione a noi.
C: - Noi: noi chi? Anche qui al ministero non so quanti
possano essere con te. Ci sono partiti compromessi. O si fanno partire le
Divise Verdi in un’azione pesante o nulla. Sempre sotto l’egida direzione del
nostro capo.
R: - Lo sento tra un attimo. Mi darà ragione. Qui si rischia
di diventare una piccola Italia. Serve azione e voglia di un cambiamento
immediato. Abbiamo fatto una rivoluzione, terminiamola nel modo migliore.
C: - Facendo sparire i possibili nemici.
R: - Brava ragazza! Non ci saranno mica spargimenti di
sangue, solo un po’ di feccia fuori dalle palle. Vado a sentire il pres.
Rimasta sola, Calvani chiamo dall’I-Phone Marzorati.
C: - Buongiorno Presidente, ho appena parlato con Riva.
M: - Che ha in mente?
C: - Vorrebbe far fuori un po’ di gente.
M: - Deportarli in Valfurva, vero?
C: - Già.
M: - È un ex leghista, bisogna capirlo. Vuole forzare i
tempi senza curarsi dell’opinione europea e internazionale. Il problema è che
ha consensi. E pure la sua idea non è campata in aria: meno gentaglia in giro
sarebbe un bene per tutti. Ma adesso dobbiamo stare cauti, anche per non
perdere i consensi dei più moderati, della Curia e degli industriali.
C: - Concordo, come intende agire?
M: - Secondo me, tu ragazza lo sai. Saresti un’ottima
ministro. Riva lo mando in televisione a scaldare gli animi. Nei talk show e
nelle piazze, ma non al governo. In fin dei conti anche te vieni dalla Lega.
C: - Ero una ragazzina.
M: - Va benissimo. Cercherò di convincere Riva ad assumere
qualche altro incarico. Tipo vicepresidente del Fronte. Non ce l’abbiamo. È uno
tosto, cercherò di ammorbidirlo. Anche te mettici del tuo.
C: - Io posso fare del mio meglio. Agisco per il bene del
nostro Paese.
M: - Giusto. Sei ancora giovane e attraente. Riva è scaltro,
ma ha anche debolezze. Mi fido di te. Hai armi che io non ho. Il futuro del
glorioso popolo lombardo è nelle tue mani.
C: - Più che nelle mie mani in qualcos’altro.
M: - Cos’è questo linguaggio da caserma. Brava! È lo spirito
adatto. Queste sono le quote rosa che mi piacciono. Sii concreta e presto
passerai di grado.
C: - La ringrazio della fiducia presidente.
M: - Dammi del tu. Non te l’avevo già detto?
C: - D’accordo. Buona giornata pres.
M: - Ciao ragazza. Me racumandi.
| inviato da ilMaLe il 6/2/2012 alle 15:16 | |
19 agosto 2011
Rapporto con la donna
CAPITOLO XXXIII
I rapporti tra Marzorati e Sandy si limitavano alle apparizioni pubbliche. Niente li legava più. Gli affetti reciproci, se mai c’erano stati, erano scomparsi del tutto. Nel Fronte non pochi valutavano opinabile la protrazione della relazione. Il presidente avrebbe potuto trovarsi una nuova compagna, più giovane e più accondiscendente. Il fascino esterofilo della compagna messicana era uno dei pallini di Marzorati. In fondo amava l’immagine di donna approfittatrice: rendeva forza alla sua concezione misogina. Il rapporto con le donne è stata una delle pagine più controverse del politico lombardo. Non perdeva occasione per mostrare pubblicamente il suo affetto sociale per le donne. Nei talk show, nei saggi, nei discorsi pubblici la donna veniva riverita di ossequi e osannata. Donne occupavano posti di rilievo in banche, municipalizzate, industrie, enti pubblici e cariche politiche. Anche Sandy era stata promossa, tra borbottii generali, alla carica di viceministro degli esteri e poi ministro degli affari sociali. La coppia era a aperta. Marzorati aveva le sue tresche, Sandy idem. Tutti nel Fronte lo sapevano. Qualcuno sopportava di malavoglia, ma la maggior parte degli esponenti non dava peso alla vita privata del presidente. Marzorati aveva rotto con l’immagine della donna oggetto lanciata C’era stato un figlio (Juan Ambrogio), riconosciuto tramite test del DNA. Era nato quando entrambi i genitori avevano passato i quarant’anni e aveva sempre vissuto con la madre.
- Cara con chi esci stasera?
- Fatti miei. Oggi non ci sono cerimonie. Vado a godermi la vita. Cosa che tu non sai fare.
- Vizi borghesi, sai che non fanno per me. Sono rimasto fedele al popolo e alla vita austera di chi è al potere non per gli interessi suoi, ma degli altri.
- Ha parlato Gesù Cristo.
- Sfotti, intanto hai ottenuto cariche pubbliche grazie a me.
- Nel Fronte ho tanti che apprezzano le mie capacità. All’estero fai bella figura grazie a me. Lo sai. Poi ti voglio ancora un po’ bene, altrimenti me ne sarei già andata. Ci sono industriali, politici, advisor che mi prenderebbero al loro fianco.
- Ma quante cazzate riesci a dire. Ma finché vai a scoparti ballerini sudamericani.
- Vedi come sei! Ho mai sindacato per tutte le troie che raccatti. Se lo fa l’uomo si può chiudere un occhio, ma per la donna no. Le si dà subito della puttana. Maschilista.
- Basta con questa cantilena. Esci, vai con chi ti pare. Quello che mi preoccupa è l’immagine del Fronte e dell’amministrazione. Dobbiamo cercare di dare un’immagine di austerità sociale. Tutti, specialmente la compagna del presidente.
- A volte mi chiedo dove tu viva. C’è la Calvani con lo yacht in Liguria grazie all’amichetto, Zanardi che si fa le vacanze in Tailandia e Vietnam con le ragazzine, Sacco con la villa a Bormio. Siamo pieni di gente che si approfitta della posizione politica. Solo te e qualche esaltato che ti segue ciecamente continua a fare la vita da eremita. Sempre in questo palazzo, chiuso come un cane. O qui o nei paesi più sperduti della Lombardia a ricevere le lodi di quattro bifolchi.
- Stai offendendo il popolo lombardo. Faccio finta di non aver sentito, altrimenti ti dovrei far processare da un Tribunale Speciale.
- Va bene, vado. Penso di tornare per domattina. Divertiti.
- Mi guarderò un bel film. Domani c’è un consiglio importante dei ministri. Sai, lavoro.
- Bravo. Buonanotte.
- Anche a te.
Leonardo Marzorati
| inviato da ilMaLe il 19/8/2011 alle 10:38 | |
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