30 dicembre 2008
I morti civili palestinesi sono sulla coscienza di Hamas
Israele reagisce ai missili di Hamas Il ministro alla difesa Ehud Barak e il premier israeliano Ehud OlmertQuesta sera il governo israeliano guidato fa Ehud Olmert ha posto una tregua di 48 ore, dopo i pesanti bombardamenti sulla Striscia di Gaza. La decisione arriva dall'esponente più di sinistra dell'attuale governo, il ministro alla difesa Ehud Barak. Le pressioni di Unione Europea, Stati Uniti e Onu si sono fatte sentire. I bombardamenti israeliani hanno causato circa 400 morti, ma queste perdite sono da attribuire ad Hamas. Si può essere critici o meno con i metodi di bombardamenti decisi da
Olmert e Barak, ma si deve sempre partire dal presupposto che è
stata Hamas a volere questo massacro. Hamas sa che per ogni missile
sparato su Sderot e zone limitrofe, Israele risponde con 10 missili.
Quindi sono quelli di Hamas a volere la morte del suo popolo (lo
dimostra le due bambine uccise da un loro missile). Un'analista de La
Stampa ha spiegato che Hamas è forte quando c'è la guerra e debole con
la pace. Questo significa solo una cosa: Hamas vuole guerra eterna.
Quindi vuole la sofferenza e la distruzione della sua Patria. Spero che
in tanti palestinesi capiscano in quale spirale di morte quel partito
terrorista e fascista li abbia portati. Gaza libera! In primis da Hamas. Ricordiamoci che i primi missili li ha sparati HAMAS, colpendo civili
innocenti (sia israeliani che palestinesi). Quel partito fascista e
terrorista era consapevole del rischio a cui andava incontro. Ma
parliamo di un partito milizia antisemita che indottrina nelle scuole i
bambini a uccidere più ebrei possibili, un partito che fa fucilare
senza processo chi è solo sospettato di collaborare con Israele, un
partito che schiavizza le donne con un islamismo arcaico e malato. Non regge il paragone tra le rappresaglie naziste ai partigiani e la reazione di Israele ad Hamas. I partigiani lottavano per liberare l'Italia dal nazifascismo, Hamas vuole solo la distruzione dello stato democratico di Israele e il potere tirannico in Palestina. Il
governo israeliano ha il diritto di difendersi da un vicino di casa che
vuole la sua distruzione. A Gaza dal 2005 non ci sono più coloni né
israeliani: c'è solo Hamas che governa in maniera dispotica. La morte
di Hamas significherà il primo passo per la salvezza dei palestinesi.
Il secondo sarà la fine della morsa dei paesi arabi (Egitto, Siria,
Giordania etc.) che vogliono continuare a tenere i palestinesi senza
stato per la loro propaganda antiisraeliana. E' vero, la guerra rafforza Hamas. Ma Israele non può certo stare lì a
prendersi i missili ogni giorno. Hamas ha rotto la tregua. Come ha
detto Ban Ki Moon il governo Olmert ha reagito in maniera forse troppo
massiccia. Ma i casi sono due: o Fatah butta giù Hamas da Gaza o ci
pensa Israele. Io avrei usato il Mossad e avrei fatto fare un nuovo
colpo si stato. Sta di fatto che alle armi, uno stato in guerra da 60
anni sa rispondere solo con le armi. Sono bastardi gli israeliani, ma
sono stati gli arabi a farli diventare così vendicativi. Prego per le
vittime innocenti.
Ma.Le.
30 dicembre 2008
Giovanni Gentile
L'eroe del giorno: Giovanni Gentile (1875 - 1945)

La scuola italiana deve molto al pedagogista e filosofo Giovanni Gentile. Figlio di un notaio trapanese, Gentile si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia alla Normale di Pisa. Negli anni universitari rimane incantato dall'idealismo hegeliano. I più illustri professori della filosofia di fine '800 formano Gentile, ma i suoi veri maestri resteranno Hegel e Bertrando Spaventa. Ottiene delle cattedre in licei classici di Campobasso e Napoli. In questi anni si sposa con Erminia Nudi, che gli darà sei figli. Intrattiene dal 1896 un carteggio con il suo amico Benedetto Croce. Ottenuta la cattedra universitaria di filosofia, si specializza anche in pedagogia. Con Croce nel 1903 fonda La Critica, rivista di storia e filosofia. Nei primi anni del '900 il suo pensiero politico non è ancora chiaro. Con lo scoppio della Grande Guerra si segna la rottura tra Croce e Gentile: il primo contrario, il secondo favorevole. Per Gentile il Risorgimento non fu solo un'operazione politica ma un atto di fede. Il campione di questo atto di fede fu Mazzini: anti-illuminista, antifrancese e nemico dei principi materialistici. Lo Stato giolittiano rappresenta un tradimento dei valori risorgimentali: per rompere questo status quo degenerativo del processo italiano è necessario il ricorso all'illegalità e alla violenza del fascismo. Con l'avvento del fascismo, Gentile mostra la sua simpatia per il partito di estrema destra guidato da Benito Mussolini. Nel 1922 Mussolini lo nomina ministro dell'istruzione. Nel 1923 attua la riforma scolastica. La sua riforma è la prima dopo quella Casati del 1859. E' una riforma innovativa, in linea con i tempi e che va oltre la retorica del fascismo. Questa riforma sarà mantenuta anche dopo la Liberazione con i voti di PSI e PCI. Nel 1962 si sorpasserà la Riforma Gentile. La sua riforma prevede innalzamento dell'obbligo scolastico sino al quattordicesimo anno di
età. Dopo i primi cinque anni di scuola elementare uguali per tutti,
l'alunno deve scegliere tra liceo scientifico, ginnasio e scuola
complementare per l'avviamento al lavoro. Solo la scuola media consente
l'accesso ai licei. Solo il liceo classico permette l'iscrizione a
tutte le facoltà universitarie. Oltre a questo è prevista l'obbligatorietà dello studio della religione cattolica nelle scuole primarie, scuole specializzate per ragazzi portatori di handicap, messa al bando dei tirocini e delle scuole riservate alle nazionalità sottomesse al Regno d'Italia. Queste due ultime posizioni risentono del regime e sono difatti le due scelte controproducenti. Nel 1925 scrive Il Manifesto degli Intellettuali Fascisti: Gentile è ormai asservito al regime dittatoriale. Croce decide di scrivere il suo contromanifesto, un vero e coraggioso atto di accusa al regime fascista e a Gentile. Tra gli anni '20 e '30 Gentile ottiene incarichi scollastici prestigiosi, come la direzione scientifica dell'Istituto Treccani. Nel 1929 prende le distanze dai Patti Lateranensi. Pur sostenendo le radici cristiane dell'Italia, non sopporta un patto tra un Vaticano che fu nemico del Risorgimento. Nel 1934 il Santo Uffizio condanna le opere di Gentile e Croce: i due, oramai non più amici, si ritrovano dalla stessa parte della barricata contro il Vaticano. Gentile sviluppa il pensiero di Hegel, ma criticandone lo storicismo. Il suo attualismo si esprime in questa riforma della dialettica idealista, con
l'aggiunta della teoria dell'atto puro e l'esplicazione del rapporto
tra logica del pensare e logica del pensato. Nel 1938 Gentile marchia il suo nome con il segno dell'infamia: è uno dei firmatari del Manifesto della razza. La spirale antisemita non smuove Gentile: non sostiene le tesi razziste e tanto meno le deportazioni, ma non dice nulla per opporsi. Sostiene a spada tratta l'alleanza con la Germania Nazista e nel 1943 segue Mussolini nella Repubblica Sociale Italiana. Nel 1944 viene catturato da un gruppo di partigiani dei Gruppi di Azione Patriottica guidato da Bruno Fanciullacci e fucilato. Una delle più lucide menti del '900 italiano ha finito per intrappolarsi nella spirale totalitaria e questo ne ha decretato la sua fine. Oggi lo si deve ricordare più come pensatore hegeliano e come pedagogista che come politico.
Ma.Le.
27 dicembre 2008
La bellezza del giorno
Gina Lollobrigida (1927)







Filmografia essenziale:
AQUILA NERA (1946) IL SEGRETO DI DON GIOVANNI (1947) CUORI SENZA FRONTIERE (1950) VITA DA CANI (1950) MISS ITALIA (1950) CAMPANE A MARTELLO (1950) ALINA (1950) LA CITTA' SI DIFENDE (1950) ACHTUNG! BANDITI! (1950) LE BELLE DI NOTTE (1952) ALTRI TEMPI (1952) MOGLIE PER UNA NOTTE (1952) FANFAN LA TULIPE (1952) GLI INFEDELI (1952) LA PROVINCIALE (1953) PANE, AMORE E FANTASIA (1953) LA ROMANA (1954) PANE, AMORE E GELOSIA (1954) IL TESORO DELL'AFRICA (1953) LA DONNA PIU' BELLA DEL MONDO (1955) NOTRE DAME DE PARIS (1956) TRAPEZIO (1956) LA LEGGE (1958) SACRO E PROFANO (1959) VA NUDA PER IL MONDO (1961) TORNA A SETTEMBRE (1961) VENERE IMPERIALE (1962) STRANI COMPAGNI DI LETTO (1964) LE BAMBOLE (1965) IO, IO, IO... E GLI ALTRI (1965) LE PIACEVOLI NOTTI (1966) HOTEL PARADISO (1966) L'AMANTE ITALIANA (1966) MASH - LA GUERRA PRIVATA DEL SERGENTE O'FARRELL (1968) BUONASERA, SIGNORA CAMPBELL (1968) PECCATO MORTALE (1972) LE AVVENTURE DI PINOCCHIO (1972) UN'OSPITE GRADITO... PER MIA MOGLIE (1972)
Cinema
Maggiorate
Commedia Italiana
| inviato da ilMaLe il 27/12/2008 alle 21:44 | |
26 dicembre 2008
Latuff, Staino e Apicella
Carlos Latuff su Haaretz Staino su L'Unità Apicella su Liberazione
Carlos Latuff
Sergio Staino
Apicella
| inviato da ilMaLe il 26/12/2008 alle 18:24 | |
23 dicembre 2008
Si dimetta chi ha fallito
La casta politica cerca di smacchiare un PD lercio
Le inchieste della procura di Napoli proseguono una sequenza di indagini su politica e malaffare. Lasciando da parte per una volta le inchieste che hanno visto indagato l'attuale presidente del consiglio, i magistrati italiani hanno trovato tante anomalie legate ad appalti vinti grazie a strette di mano sottobanco tra amministratori locali e imprenditori. Il presidente dell'Abruzzo Ottaviano Del Turco era stato il primo a finire in manette con l'accusa di associazione per delinquere, truffa, corruzione e
concussione sulla gestione della sanità di iniziativa privata in Abruzzo. Allora tanti parlamentari di ogni colore politico andarono a trovarlo. Non hanno fatto la stessa cosa con tanti altri arrestati. I "veterogarantisti" hanno iniziato a dire: «Ma se fosse innocente?». La presunzione di innocenza c'è anche nell'arresto di Del Turco. A lui è stata data la custodia cautelare. La custodia cautelare riguarda sempre i “presunti non colpevoli”, altrimenti non sarebbe cautelare, ma definitiva. Dopo le elezioni politiche che hanno visto il trionfo di Berlusconi sono state aperte indagini su tante giunte locali di centrosinistra. Campania, Napoli, Basilicata, Pescara, Firenze: diversi assessori sono finiti sotto inchiesta o in carcere. La magistratura indaga su appalti concessi in cambio di favori. In particolare l'imprenditore Alfredo Romeo si è dimostrato abile a farsi dare carta bianca in diversi comuni. Da intercettazioni telefoniche gli inquirenti hanno potuto ascoltare richieste di concessioni in cambio di favori politici. Questo dice l'accusa, da estranei alla vicenda possiamo solo aspettare l'esito di una sentenza. Ma anche qui la politica ha mostrato il suo voler continuare ad essere casta. Il sindaco di Firenze Leonardo Domenici è arrivato a incatenarsi davanti alla sede del gruppo editoriale Espresso. Domenici contesta le inchieste giornalistiche del quotidiano La Repubblica sulla sua giunta. Aldilà del fatto che Domenici in queste inchieste non è nemmeno citato (sono citati solo suoi assessori), i giornalisti non hanno il diritto di svolgere il loro lavoro? Giornali di centrodestra come Il Giornale o Libero si sono subito scagliati contro una sinistra che non può spacciarsi per paladina della moralità. Non hanno tutti i torti, ma intanto tutto il parlamento, ad esclusione di Italia dei Valori, ha respinto la richiesta di arresti domiciliari per il deputato Salvatore Margiotta richiesta dal pm Henry John Woodcock. Ancora una volta il potere politico si chiude a riccio davanti a inchieste che lo riguardano. Le inchieste colpiscono tanti esponenti del PD e uno del PdL: quell'Italo Bocchino che fu aiutato dal pizzino del dalemiano Nicola Latorre. Anche il partito di Di Pietro non ne esce limpidissimo. Ma l'ex pm, di fronte alle indagini nei confronti di suo figlio Cristiano, ha espresso fiducia nella magistratura. Sembra che Cristiano Di Pietro avesse chiesto raccomandazioni per suoi amici e successivamente sia stato ricattato dall'ex provveditore alle Opere Pubbliche di Campania e Molise, Mario Mautone. In tutta questa vicenda una persona si è tolta la vita. L'assessore al Comune di Napoli Franco Nugnes, agli arresti domiciliari per l'inchiesta sulla discarica di Pianura, si è suicidato. Su Nugnes pesava l'accusa di aver fomentato la rivolta contro la costruzione della discarica di Pianura, ma soprattutto una storia di appalti in odor di camorra. Lo stesso Nugnes, pochi giorni prima del suicidio, aveva parlato di una sua paura verso il clan del Casalesi. Il mistero di un suo possibile coinvolgimento in concussione con la camorra, Nugnes l'ha portato nella tomba. L'unica certezza è che la giunta regionale Bassolino e quella comunale Jervolino hanno dimostrato la loro incompetenza davanti al problema dei rifiuti e delle ecomafie. Le loro dimissioni sono doverose non tanto per le inchieste giudiziarie (né Bassolino, né la Jervolino sono indagati), ma per i loro perseveranti errori di natura politica. Sembra di essere a una nuova tangentopoli. Cambiano metodi e partiti. Tutto passa dai telefoni cellulari e dalle loro intercettazioni. II parlamento è pieno zeppo di inquisiti: si tratta di gente inserita dall'alto nelle liste dei principali partiti italiani. Il Partito Democratico è scosso: diversi suoi esponenti locali sembrano essere persone scorrette. Come ha detto Pierluigi Bersani, all'interno del PD c'è il lavoro di tanti militanti sinceri. Proprio per questo le mele marce vanno gettate subito: prima che infettino anche quelle sane.
Ma.Le.
22 dicembre 2008
Ma.Le. dice
Basta dire che il Partito Democratico non si
occupa di problemi reali, ma parla solo di se stesso. In questi giorni gli
esponenti del PD si stanno occupando del problema delle carceri. «Bisogna
costruirne di nuove – hanno fatto sapere - iniziamo a stare stretti qui».
Partito Democratico
Corruzione
| inviato da ilMaLe il 22/12/2008 alle 21:4 | |
21 dicembre 2008
Omicidi razzisti insanguinano la Russia
Da Il Manifesto
Mosca, caccia all'immigrato
Rischia di salire insieme alla crisi e alla disoccupazione l'onda xenofoba e razzista
Condannati per 20 omicidi razziali i membri di una gang neonazista Manifestazione xenofoba del Partito Nazional Bolscevico Una giuria popolare ha condannato ieri, al termine di un processo a
porte chiuse, un gruppo di giovani neonazisti moscoviti riconosciuti
colpevoli di almeno venti omicidi e dodici tentati omicidi motivati da
odio razziale. Le loro vittime, tutte aggredite con coltelli e bastoni
di ferro fra l'agosto 2006 e il maggio 2007, erano lavoratori e
studenti immigrati dai paesi dell'Asia centrale e del Caucaso, colpiti
a caso per strada solo per il loro aspetto «non slavo». Molti degli
omicidi sono stati filmati e i relativi video diffusi su internet. Il
mese scorso un altro tribunale aveva condannato tredici membri di
un'altra gang, responsabile di due omicidi e dieci tentati omicidi. Si
tratta di sentenze abbastanza insolite: non è frequente che un
tribunale russo mandi sul serio in carcere degli autori di omicidi
razziali, e le poche volte che degli squadristi sono arrivati davanti
al giudice si sono visti quasi sempre assolvere o riconoscere tutte le
attenuanti possibili, cavandosela regolarmente indenni o con pochi mesi
di detenzione. Le condanne sono state miti anche questa volta, in
effetti (data la gravità delle accuse): i due capi del gruppo, Artur
Ryno e Pavel Skachevsky, oggi diottenni ma ancora minorenni all'epoca
dei fatti, si sono visti comminare dieci anni di reclusione ciascuno
(«sei mesi per ogni persona uccisa», ha commentato sarcasticamente un
giornale); altri tre membri minorenni del gruppo sono stati condannati
a pene varianti tra sei e nove anni, mentre i due maggiorenni, Roman
Kuzin e Vitaly Nikitin, hanno avuto le condanne più severe,
rispettivamente a venti e a dodici anni di carcere. Tutti gli
imputati hanno tranquillamente ammesso i delitti - anzi, li hanno
rivendicati (insieme a un'altra quindicina di omicidi, poi non
verificati dagli inquirenti) vantandosene fino all'ultimo. Sia la
difesa che la pubblica accusa si sono dette soddisfatte della sentenza;
un po' meno soddisfatte le famiglie degli assassinati, anche perché
difficilmente vedranno mai i quattro milioni di rubli (circa 120.000
euro) di risarcimento che la corte ha aggiunto alle pene detentive.
Indignate le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, che
parlano di «nuova conferma della connivenza delle autorità con i
razzisti più feroci». Le autorità probabilmente volevano dare una
natura esemplare al processo e alla sentenza - certo su direttive
dall'alto, dopo che il presidente Dmitrij Medvedev ha manifestato serie
critiche, nelle scorse settimane, al funzionamento della giustizia. Ma
purtroppo è chiaro che in Russia l'acquiescenza - quando non la
complicità - di polizia e magistrati rispetto ai delitti di odio
razziale è drammatica. I venti omicidi della banda di ragazzotti sono
un record spaventoso ma sono solo una piccola parte delle uccisioni che
ogni anno in misura maggiore si registrano in Russia a danno di
immigrati o persone «di aspetto non slavo»: solo nei primi undici mesi
del 2008 nella capitale sono state ammazzate almeno 48 persone (e 167
ferite) per motivi razziali; nell'insieme del paese nello stesso
periodo le vittime accertate sono state 82 (115 secondo altre fonti),
con 563 feriti). Un trend che potrebbe ulteriormente aggravarsi
nei prossimi mesi come effetto perverso della crisi: se finora, in
condizioni di grande boom economico e di quasi piena occupazione, era
forte l'odio verso i «culi neri» che «rubano il lavoro», adesso con
centinaia di migliaia di disoccupati - che non potranno facilmente
tornare nei paesi d'origine, ancor più inguaiati - l'onda xenofoba e
razzista rischia di diventare una valanga incontenibile. Solo
pochi giorni fa tutte le organizzazioni nazionaliste - da quelle
neonaziste a quelle che incitano apertamente a «liberare la Russia
dalla feccia degli immigrati» - si sono date tranquillamente convegno a
Mosca per una manifestazione pubblica, la «Marcia dei Russi», che le
autorità hanno autorizzato e protetto. Stridente il parallelo con la
«Marcia dei dissidenti» tentata ieri a San Pietroburgo e stroncata sul
nascere dalla polizia con l'arresto di 150 manifestanti (cioè più o
meno tutti). Nelle stesse ore in cui il tribunale emetteva la sua
sentenza contro la cosiddetta «banda Ryno», la capitale veniva
insanguinata da altri orribili delitti: l'uccisione e la decapitazione
di un operaio ventenne proveniente dal Tagikistan, la cui testa mozzata
è stata poi ritrovata in un cassonetto dell'immondizia, e
l'accoltellamento mortale di uno studente diciottenne kazako. In
entrambi i casi la polizia non è stata in grado di effettuare
arresti...
Astrit Dakli 16 dicembre 2008

Russia
Razzismo
Immigrazione
Neonazisti
| inviato da ilMaLe il 21/12/2008 alle 22:8 | |
20 dicembre 2008
L'ingegnosità dell'immigrazione
Titolo: Machan Cast: Dharmapriya Dias,Dharshan Dharmaraj, Ruwanthie de Chickera, Dharshan Dharmaraj, Namal Jayasinghe, Sujeewa Priyalal
Regia: Uberto Pasolini
Sceneggiatura: Ruwanthie De Chickera, Uberto Pasolini
Genere: Commedia
Produzione: Sri Lanka, Italia
Anno: 2008

Manoj e Stanley, due giovani dei sobborghi di Colombo, vogliono lasciare lo Sri Lanka per andare a far fortuna in Germania e poter così mantenere le rispettive famiglie. Il loro sogno di fortuna attraverso l'immigrazione si infrange ogni volta all'ambasciata tedesca. Manoj ha una famiglia che lo ama, ma con il suo lavoro di cameriere in un albergo per turisti occidentali, riesce appena a vivere. Stanley è pieno di debiti a causa di un truffatore trafficante di uomoni, che ha ridotto sul lastrico tutta la sua famiglia. In particolare, Stanley è odiato da sorella e cognato, inserviente nello stesso albergo di Manoj. Sua sorella è in procinto di lasciare marito e figli per andare a lavorare in Medio Oriente. Ai due ragazzi scatta l'idea di emigrare all'estero come sportivi della nazionale di uno sport inesistente in Sri Lanka: la pallamano. A poco a poco, i due riescono a creare un gruppo di disperati in cerca di fortuna. Tra loro si aggiungono pure il cognato di Stanley e il trafficante di uomini, quest'ultimo con un gruppo di immigrati in Sri Lanka provenienti da paesi quali Afghanistan, Pakistan e Iraq. Il gruppo riuesce a spacciarsi per la Nazionale di Pallamano dello Sri Lanka e ottiene la richiesta di visita dalla Federazione Tedesca. Dopo un addio sincero e flemmatico, i protagonisti partono per un viaggio probabilmente senza ritorno. Qualcuno cambia idea all'ultimo: gli affetti possono essere più importanti della dignità. In Germania la finta nazionale partecipa distastrosamente a un torneo di pallamano in un paese della Baviera. Quando la polizia tedesca si insospettisce, dei cingalesi non c'è più traccia. Machan in cingalese vuol dire amico. E' il saluto tipico delle strade di Colombo, la capitale dell'isola asiatica. L'amicizia e la voglia di rivincita sono i temi caldi del film di Pasolini. Il nipote di Luchino Visconti, dopo aver prodotto film come Full Mounty e I vestiti nuovi dell'imperatore, arriva alla regia con un piccolo capolavoro. Il film sembra una fiaba ma non lo è. La storia è vera. Questi finti giocatori di pallamano hanno veramente compiuto quell'impresa di aggirare le leggi per una gloria in Europa. Di loro si hanno i verbali e il ricordo di chi li ha salutati a Colombo. Il film non cade nel buonismo. Il regista conduce lo spettatore attraverso la bidonville alla
periferia di Colombo, capitale dello Sri Lanka, facendogli esplorare le
strade, rumorose e disordinate sia di giorno che di notte, la baracche
dei poveri, ma anche le case del ceto medio istruito e il lusso
riservato ai turisti, atmosfere che contrastano nettamente con la
calma, l'ordine e la luminosa compostezza della campagna tedesca, nella
quale giungono i "giocatori". I disperati di Colombo sono rappresentati con attento realismo. C'è il cameriere invidioso dei clienti occidentali, il poveraccio che si fa mettere i piedi in testa, il trotzkista figlio di papà, il gigolò che può permettersi vestiti costosi, gli immigrati in Sri Lanka. Questi ultimi vengono spesso visti con occhi razzisti dagli altri e chiamati "pecoroni". Pasolini accenna solo in due scene all'odio che divide cingalesi e tamil. Nel gruppo c'è denigrazione tra le due etnie, ma Pasolini non si addentra in quel campo. Forse trascura un punto importante della vita dello Sri Lanka. Di certo è attento al razzismo contro gli stranieri dello Sri Lanka. In Machan ci si diverte, perchè dalla miseria possono nascere diversi sorrisi. Pasolini e l'autrice teatrale Ruwanthie de Chickera si sono documentati e hanno realizzato un bel film. Un film che ci dice di guardare oltre e ingegnarsi per la realizzazione di un sogno tanto desiderato.
Ma.Le.
19 dicembre 2008
Viva il cinepanettone
Mi sono adeguato al clima del trash natalizio nostrano. Dico basta a film impegnati o a letture di avanguardia. Vado al cinema a vedere il film di natale! Il mio film di natale. Quello che non ti aspetti. Questo! Ecco il trailer!
Maccio Capatonda
Cinepanettoni
| inviato da ilMaLe il 19/12/2008 alle 18:54 | |
18 dicembre 2008
La silenziosa strage del Friuli Venezia Giulia
Da Il Piccolo
Amianto, 1800 morti in trent'anni
Il pg Deidda: «Per la prima volta il Csm ha organizzato dei corsi. Non basta il lavoro di magistrato»
Negli ultimi trent’anni tra Trieste e Monfalcone l’amianto ha
ucciso 1800 operai e tecnici. Novecento in provincia di Gorizia,
altrettanti in quella di Trieste. Ogni dodici mesi, per ognuno di
questi trent’anni, sono morte sessanta persone perché il
mesotelioma pleurico non perdona quasi mai e costringe alla resa in
tempi brevissimi: un anno al massimo. Nel futuro immediato il
numero dei morti per amianto è destinato a salire ancora, almeno
fino al 2015-2018. Sono questi i dati agghiaccianti e del tutto nuovi emersi ieri
nell’incontro voluto dal procuratore generale di Trieste Beniamino
Deidda. A lui va ascritto il grande merito di aver concluso in meno
di sei mesi l’inchiesta sulla morte di 42 operai del cantiere di
Monfalcone, uccisi dal mesotelioma pleurico tra il 1965 e il 1985.
Per 15 dirigenti e manager dell’Italcantieri è imminente la
richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo. A
Gorizia l’indagine aveva segnato il passo, tant è che il
procuratore generale l’ha avocata a se, trasferendola a Trieste.
«Un’altra indagine su altri 21 decessi di operai che hanno avuto
contatti prolungati con l’amianto, si concluderà nei prossimi
giorni, probabilmente entro Natale» ha annunciato ieri il
magistrato. Anche in questo caso l’inchiesta coinvolge il
Monfalconese e il territorio della provincia di Gorizia. Beniamino Deidda ha poi affermato che la Procura generale di
Trieste non avocherà a sè altre indagini su questa strage collegata
all’attività dei cantieri navali e dei porti. «A Gorizia il nuovo
procuratore della Repubblica Caterina Aiello perseguirà con grande
energia questi reati. Ne sono certo. Per questo motivo non ci
saranno altre avocazioni a Trieste. L’inadeguatezza degli organici
della Procura di Gorizia non basta comunque a spiegare i grandi
ritardi accumulati dalle inchieste per le morti da amianto. In
tutta Italia le difficoltà frenano i processi in cui si deve
discutere di malattie professionali e delle responsabilità di chi
le ha provocate. Spesso questi dibattimenti nemmeno si fanno per l’e
norme difficoltà ad indagare su fatti avvenuti almeno trent’anni
fa. E’ difficile per ogni inquirente rintracciare i testimoni,
trovare compagni di lavoro ormai anziani, reperire la
documentazione dei lavori effettuati da società spesso scomparse
dal mercato». L’inchiesta sul cantiere di Monfalcone, appena conclusa a Trieste,
è stata risolta in sei mesi grazie a un pool di investigatori che
il procuratore generale ha riunito attorno a sè. E’ la prima task
force giudiziaria- scientifica che a livello italiano si occupa di
morti da amianto. Per il momento unicamente del mesotelioma
pleurico. Vi fanno parte tre medici del lavoro: Valentino Patussi,
Donatella Calligaro e Anna Muran, tutti con ruoli diversi nel
Servizio di prevenzione dell’Azienda sanitaria di Trieste; l’i
ngegner Umberto Laureni, già presidente della Commissione regionale
amianto e il luogotenente dei carabinieri Carmelo Genovese. Tre i
consulenti: l’ingegnere fiorentino Stefano Silvestri, esperto in
igiene industriale, il medico del lavoro dell’Università di Brescia
Gino Barbieri ed Enzo Merler, anch’egli medico e gestore a Padova
del registro italiano del mesotelioma pleurico. «Per indagare sulle morti da amianto non è sufficiente il lavoro
di un magistrato» ha affermato il procuratore generale Beniamino
Deidda. «Pochissimi pm sanno destreggiarsi in questa materia. E’ un’illusione potercela fare da soli, senza una specifica formazione.
A Trieste abbiamo compiuto un salto di qualità perché il Consiglio
superiore della magistratura ha organizzato per la prima volta
corsi di preparazione su questi problemi e giudici e addetti alla
prevenzione si sono seduti gli uni accanto agli altri sugli stessi
banchi. E’ la prima volta che accade...». Le due inchieste che la Procura generale ha quasi concluso non si
sono limitate a coinvolgere come indagati i rappresentanti legali
delle società in cui era stato usato l’amianto. Sono state
individuate anche le eventuali responsabilità penali dei vari
funzionari che avevano un ruolo nella «catena di comando» o meglio
nella scala gerarchica del cantiere. Per questo motivo sono stati
coinvolti i vertici degli degli uffici che avevano acquistato l’a
mianto, chi ne aveva ordinato l’uso, chi non aveva fornito agli
operai le maschere di protezione per le polveri in base a quanto
stabiliva il Decreto 303 del 1956. «Non c’è un vuoto normativo in Italia» ha affermato il procuratore
generale. «Esiste da più di mezzo secolo il DPR 303 dove non si
parla di mesotelioma pleurico, ma si indicano con precisione alle
aziende come devono essere protetti i singoli lavoratori dai fumi,
dalle polveri e dalle emissioni nocive». All’articolo 26 si legge infatti che «il datore di lavoro fornisce
ai dipendenti, prima che essi siano adibiti all’attività,
informazioni sui rischi per la salute dovuti all’esposizione alla
polvere proveniente dall’amianto e da materiali contenenti amianto,
le norme igieniche da osservare; le modalità di pulitura e di uso
degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione,
le misure di precauzione da prendere per ridurre al minimo l’e
sposizione». Viene da chiedersi se queste informazioni sono state sempre
fornite dalle aziende agli operai e ai tecnici che lavoravano con l’ amianto. La risposta viene dalle cifre della strage: 1800 morti in
trent’anni tra Trieste e Monfalcone. Tutti uccisi dal mesotelioma
pleurico.
Claudio Ernè 18 dicembre 2008
|